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boulet Prodotti regionali..LOMBARDIA:

Messaggio Da Miguel Mar Giu 17, 2008 11:23 pm

IL COTECOTTO
È il nome popolare dato a un particolare insaccato che, essendo spesso più grosso del tradizionale cotechino, viene chiamato così. È tipico della Valtellina ed è fatto con sole cotenne macinate e condite con sale, pepe e aglio, insaccato in un budello di manzo. Le dimensioni possono comunque essere diverse, da quella minima, simile a un cacciatorino, a quella più grossa, che ricorda lo zampone. Il cotecotto di maggior peso ha di solito nell'impasto anche un po' di carne magra di maiale e di manzo.
È un salume da cuocere per circa un'ora, bollito o sotto la cenere. Una tradizione lo vuole bollito nell'acqua delle castagne. Si accompagna bene a polenta o patate bollite.

MORTADELLA DI FEGATO
Specialità della Valtellina con qualche lontana somiglianza con i mazzafegati d'Abruzzo e Molise.
Si tratta di un insaccato di carni di maiale magre e grasse, in genere grasso di gola o di pancetta, alle quali si unisce un quindici per cento di fegato del suino macinato. L'impasto viene insaporito con vin brulé aromatizzato con cannella, chiodi di garofano e altro, messo in un budello naturale e infine legato dopo averlo piegato a metà.
Passato un primo periodo di asciugatura, la mortadella passa a stagionare per circa due mesi ed è pronta per il consumo.
Si può gustare cruda, tagliata a fette, ma in genere viene fatta bollire per venti minuti dopo essere stata tenuta un giorno in acqua. Si serve calda accompagnata da polenta, patate bollite e verdure cotte.

SALUMI EQUINI DELLA VAL CHIAVENNA
Il più famoso è la "slinzega", ottenuta con tagli di carne di cavallo lavorati per salagione a secco in vasche originariamente in legno di faggio o rovere, oggi in acciaio inox per motivi d'igiene. Nella mistura di sale gli artigiani aggiungono alloro, ginepro, aglio, pepe e la carne viene talvolta anche lavata con il vino. Il processo è analogo a quello della bresaola, compresa la stagionatura che deve durare almeno un mese. I pezzi, una volta pronti, acquistano un colore rosso molto scuro. Il peso medio varia da trecento grammi a un chilogrammo e mezzo. Tagliata a fettine sottili, la slinzega va gustata come aperitivo o come merenda al naturale, senza alcun condimento.
A Chiavenna e negli altri paesi della valle si trovano anche luganiga e cacciatori confezionati soltanto con pura carne equina. La "luganiga" può essere mangiata fresca o cucinata ai ferri. I "cacciatorini", del peso di circa cento grammi, sono indicati come antipasto o, a fettine, per accompagnare aperitivi.

VIOLINO
Il nome deriva non tanto dalla forma quanto dal caratteristico modo di impugnarlo per tagliarlo, imbracciato appunto come un violino e affettato sottilmente usando il coltello come un archetto.
È una specialità della Val Chiavenna, della Valle Spluga e, in particolare, della Valle San Giacomo. Si tratta di un prosciutto ricavato dalla coscia della capra o della pecora, talvolta anche di capriolo e camoscio. A seconda dell'animale impiegato si hanno violini con un peso variabile da uno a tre chilogrammi.
La produzione è esclusivamente limitata agli artigiani della zona e la distribuzione è altrettanto ridotta a botteghe locali e a qualche grande emporio di città specializzato in prodotti tipici.

BRESAOLA DELLA VALTELLINA
La bresaola è un prodotto tipico ed esclusivo della Valtellina, ottenuto dalla salagione e stagionatura di pregiati gruppi muscolari della coscia dei bovini. Seppur di antica tradizione, la bresaola, fino agli anni Quaranta era conosciuta solo in provincia di Sondrio; dopo l'ultimo conflitto mondiale ha cominciato a essere diffusa nel nord Italia e a partire dagli anni Sessanta si è diffusa ampiamente su tutto il territorio nazionale e all'estero. È difficile stabilire con precisione da dove derivi il nome. Potrebbe derivare dall'espressione "salaa come brisa", per l'uso che un tempo si faceva del sale nella conservazione e per il fatto che in Val Chiavenna "brisa" era un termine usato per indicare una ghiandola dei bovini dal sapore fortemente salato. C'è chi riconduce l'origine di questo nome al termine "brasa" (brace, in dialetto), poiché un tempo l'asciugamento del prodotto avveniva in locali riscaldati da bracieri alimentati da carbone di legna di abete e bacche di ginepro, timo e foglie di alloro. Da "Brisaola" il nome piano piano è mutato negli anni in Bresaola.
Per la lavorazione i pezzi di carne vengono sistemati in grandi vasche, coperti dalla cosiddetta concia, una mistura di sale, pepe e aromi. Si forma così, con i succhi della carne, una salamoia nella quale i pezzi vengono rivoltati più volte in modo da intridersi bene. Trascorso così un primo periodo, quando gli artigiani ritengono che sia stato raggiunto il giusto grado di salatura, la carne viene asciugata, ripulita e, quando è il caso, tenuta sotto pressa per alcuni giorni. Infine si procede all'insaccatura, cui segue ancora un periodo di asciugatura e finalmente ha inizio la stagionatura. Una bresaola è pronta dopo un mese di permanenza in locali a temperatura e umidità controllate.
Molto ricercate sono le bresaole della Val Chiavenna, che vanta titoli di patria di questa particolare lavorazione e anche una varietà molto amata dagli appassionati, la bresaola affumicata al profumo di legna dolce.
La caratteristica che distingue la bresaola da altre forme di carne secca, tipiche al di là dei valichi alpini nel cantone svizzero dei Grigioni, è la morbidezza.
Le tipologie della bresaola sono tre e dipendono dal pezzo di carne che viene usato.
Punta d'anca. È il taglio più pregiato ed ha un peso minimo di 2,5-3 chilogrammi. Corrisponde alla fesa privata del muscolo adduttore.
Sotto fesa. È di almeno due chilogrammi e corrisponde alla porzione laterale della muscolatura della coscia.
Magatello. Ha un peso di almeno un chilogrammo. Deriva anch'esso dal muscolo laterale della coscia.
La bresaola si consuma tagliata a fettine sottili e va gustata così com'è, ma è sempre più diffusa l'abitudine di insaporirla con olio, pepe e succo di limone. Viene presentata in genere come antipasto.
Miguel
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